Si segnala una pronuncia del TAR Lazio – Roma su una questione, legata al mondo della distribuzione di prodotti petroliferi, raramente affrontata in giurisprudenza, ossia il rapporto tra la risoluzione del contratto di cd. “comodato petrolifero” col gestore, e la “sorte” della cd. licenza UTF (o licenza fiscale di esercizio). Com’è noto, tale licenza viene rilasciata dall’Agenzia delle Dogane non al titolare dell’impianto, cioè al titolare dell’autorizzazione petrolifera, bensì direttamente al gestore, in quanto è quest’ultimo l’esercente l’attività di distribuzione carburanti. Nel caso in cui la società titolare dell’impianto risolva il contratto col gestore, si pone quindi il problema dell’eventuale revoca della licenza UTF; e ciò sia se il titolare riaffidi la gestione ad un terzo, sia se decida di gestire l’impianto in via diretta. Nella fattispecie affrontata dal TAR Lazio, con l’ordinanza cautelare del 3.8.2017 (allegata), l’ipotesi era ancora diversa. Difatti, la titolare aveva risolto il rapporto col gestore (contestandogli una serie di inadempimenti) e aveva poi definitivamente ceduto l’impianto ad un terzo (mediante contratto di cessione di ramo d’azienda), quest’ultimo aveva richiesto per sè una nuova licenza UTF e l’Agenzia delle Dogane l’aveva rilasciata, implicitamente revocando quella già intestata al precedente gestore (chiaramente, non possono esservi contemporaneamente due licenze per lo stesso distributore). Il gestore aveva impugnato tale provvedimento, chiedendone la sospensione in via cautelare, ma il TAR, sia “inaudita altera parte,” sia all’esito dell’instaurazione del contraddittorio, ha rigettato l’istanza.
I giudici amministrativi hanno ritenuto che la risoluzione del contratto di comodato petrolifero, facendo sorgere conseguentemente l’obbligo del gestore di riconsegnare l’impianto di distribuzione, abbia fatto venir meno uno dei presupposti necessari tanto al rilascio quanto al mantenimento della licenza, ossia la legittima disponibilità dell’impianto medesimo. Del resto, l’art. 63 del Testo Unico sulle Accise (D.Lgs. n. 504/1995), espressamente stabilisce che “la licenza viene revocata quando vengono a mancare i presupposti per l’esercizio dell’impianto”. Correttamente poi il TAR non è entrato nel “merito” delle contestazioni (civilistiche) che hanno condotto alla risoluzione contrattuale. Del resto, il principio-cardine in tema di risoluzione ope legis ai sensi dell’art. 1456 c.c. è proprio quello per cui lo scioglimento del rapporto contrattuale consegue alla semplice comunicazione da parte del contraente che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa, non essendo necessaria una pronuncia del giudice (né, ovviamente, “costitutiva” come nel caso di ordinaria risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., né di accertamento). È tutt’al più onere della parte che subisce la risoluzione, contestarla giudizialmente.
In conclusione, la pronuncia rappresenta sicuramente un utile precedente da richiamare nei rapporti con le Agenzie delle Dogane. Difatti, possiamo senz’altro dire che, in base all’esperienza pratica, non c’è un’uniformità di comportamento tra i vari uffici delle Dogane: per alcuni è sufficiente che vi sia stata una risoluzione ope legis, ai sensi dell’art. 1456 c.c., per revocare la licenza UTF al gestore; altri invece (a nostro avviso erroneamente) preferiscono attendere un provvedimento giudiziario che in qualche modo (anche in via sommaria o cautelare) “confermi” la validità della risoluzione disposta dalla società concedente. L’ordinanza, sposando la prima tesi, rende sicuramente più facile la prosecuzione dell’attività dell’impianto, che altrimenti sarebbe paralizzata da un (ingiustificato) ostacolo di tipo amministrativo/fiscale.
Mario Buonaiuto